IL NUOVO WELFARE AZIENDALE E’ LA NUOVA TRUFFA AI DANNI DI LAVORATORI E LAVORATRICI

9.2.18                                                                    logo LLL

 

 

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Questa sera, a San Michele, si terrà una conferenza dal titolo “Lavoro e welfare aziendale”. Alla serata parteciperanno, in qualità di relatori, imprenditori, esponenti del Partito democratico e del sindacato Cisl. Obiettivo dell’iniziativa, secondo gli stessi organizzatori, è quello di illustrare i vantaggi per imprenditori e lavoratori nell’attuazione del “nuovo modello di welfare”.
Desideriamo intervenire su questo delicato argomento, centrale, a nostro avviso, nel prefigurare un futuro dove i diritti garantiti dalla Costituzione di cui oggi ancora godiamo restino tali e non vengano derubricati a merci tra le altre.
Interverremo nella forma che ci è forse più consona, quella scritta, che non si presta a strumentalizzazioni e non può essere eventualmente contingentata o cassata  dal coordinatore della serata, il deputato del Pd Diego Zardini.
Lo svantaggio è dato dal fatto che questa forma non prevede un contraddittorio, ma notiamo che in fondo anche nella serata in oggetto non è stato invitato nessun relatore di idee diverse da quelle dedicate a magnificare il “nuovo che avanza”.
Ma proviamo ad affrontare il tema. Ultimamente, in occasione dei tavoli di trattativa per la contrattazione, sia nazionale che aziendale, viene riproposto con sempre maggiore insistenza il cosidetto “nuovo modello di welfare”. Si tratta della sostituzione, parziale o per intero, di parte del salario aggiunto con servizi diversi e pezzi di welfare.
 La materia più sensibile sulla quale interviene questo nuovo modello, è sicuramente quella sanitaria. Vengono infatti attivati degli accantonamenti presso fondi quali, per quanto riguarda, ad esempio,  il settore metalmeccanico, Metasalute. Solo qualche anno fà, la Fim vantava come interessante opportunità l’accantonamento simbolico di un solo euro. In poco tempo, non solo quell’atto simbolico è diventato prassi, ma la fetta di salario interessata è cresciuta, e di molto. Nell’ultimo contratto nazionale dei metalmeccanici, rinnovato recentemente, il consueto, seppur limitato, aumento dello stipendio non c’è. Al suo posto sono stati inseriti servizi e pezzi di stato sociale. Se, quindi, inizialmente, esisteva la possibilità di scegliere tra questo “nuovo modello” e il “vile denaro”, oggi quella possibilità spesso non esiste più, e il “nuovo modello di welfare” è imposto. Sindacati, imprenditori e governo insistono nel chiamarla opportunità e la illustrano come un integrazione aggiuntiva allo stato sociale garantito dal settore pubblico. La realtà però ci racconta un’altra storia; prendendo ancora in considerazione i servizi sanitari, consideriamo che contemporaneamente al crescente utilizzo del fondi privati, viene abbassata considerevolmente l’Irap, la tassa che grava sulle imprese, finalizzata al finanziamento della sanità pubblica. Il drenare risorse a quest’ultima e promuovere, imponendoli sempre più spesso all’interno dei contratti di lavoro, i fondi e le assicurazioni private, aquivale incontrovertibilmente a spostare gradualmente i servizi sanitari dal settore pubblico a quello privato.
Il vantaggio per le imprese non deriva solamente dalla riduzione dell’Irap, ma anche dal fatto che le somme devolute sotto forma di servizi godono di importanti sgravi fiscali, ancora una volta, quindi, a discapito della cittadinanza.
Se aggiungiamo poi il fatto che i servizi non sono immediatamente usufruibili, ma hanno bisogno di un congruo preavviso per essere attivati, ci chiediamo quali siano le meravigliose opportunità per i lavoratori e le lavoratrici!
In fondo, con questo sistema, paghiamo lo stato sociale due volte: la prima con la tassazione ordinaria, e la seconda attraverso la perdita di parte di salario che viene trasformato in “nuovo welfare”.
A noi pare sia stata costruita una ragnatela dall’imprenditoria e dai governi finalizzata a promuovere, da una parte lo smanellamento di ciò che resta dello stato sociale, in favore degli operatori privati, e dall’altra la ricera del massimo profitto agli imprenditori. Le due cose, se accomunate, combaciano perfettamente con i dettami del sistema liberista.
In un futuro non troppo lontano si potrebbe arrivare ad un ulteriore ricatto nei confronti dei lavoratori; se il sistema sanitario pubblico continua a ritirarsi, “mangiato” dal settore privato, nel caso di licenziamento un qualsiasi dipendente sottoposto al “nuovo modello di welfare” potrebbe perdere, assieme al posto di lavoro, anche la copertura sanitaria! In fondo ci stiamo già abituando a questa ipotesi, restando tutto sommato indifferenti al fatto che, già oggi, migliaia di persone in Italia sono, loro malgrado, costretti a rinunciare non solo alla prevenzione, ma addiritura alle cure per colpa degli aumenti continui dei ticket sanitari.
Che a questo progetto, poi, partecipino anche i sindacati confederali, seppure con entusiasmi diversi, può risultare scandaloso. Ma se anslizziamo con freddezza la parabola discendente dell’apporto che i sindacati hanno dato alle lotte dei lavoratori e ia loro graduale trasformazione in erogatori di servizi, tutto ci appare più chiaro…In fondo, basta scoprire chi amministra questo nuovo welfare e quali vantaggi economici ne trae… Forse la contunua emoraggia di tesserati dai tre sindacati confederali a vantaggio dei sindacati di base, sicuramente più conflittuali, sta a dimostrare proprio questo!

Lavoratori e Lavoratrici in Lotta a Verona

 

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