Crisi. La maledizione delle Ofv Arrestato il proprietario

28.2.17

Risultati immagini per officine ferroviarie veronesi

RASSEGNE STAMPA, DOCUMENTI E MATERIALI CORRELATI

Pawan Ruia, a capo dell’omonimo gruppo, aveva acquistato l’azienda di via Campo Marzo. Accusato in India di aver disperso materiale ferroviario e occultato documenti importanti. Allarme di lavoratori e sindacati

VERONA – Pawan Ruia è stato arrestato. L’imprenditore indiano, che nel giugno dello scorso anno ha acquistato le Officine Ferroviare Veronesi, ribattezzate Nuove Ofv, è stato denunciato dalle Ferrovie indiane nel novembre scorso, accusato di aver sottratto e disperso materiale ferroviario che si trovava alla Jessop – altra impresa controllata dal gruppo – per oltre 7 milioni di euro (mezzo miliardo di rupie). A dicembre, stando ai media indiani, alcuni ufficiali di polizia di Bengali sono piombati nella sua casa per arrestarlo e portarlo in carcere. Interrogato per otto ore, Ruia, 59 anni, ha spiegato di non aver nulla a che fare con quell’episodio, e nemmeno con i due incendi registrati nell’autunno scorso sempre alla Jessop, e che avrebbero provocato la distruzione di documenti importanti. Ancora non è chiaro se questo episodio abbia avuto ripercussioni in India, nella gestione e Continua a leggere

Azienda Trasporti Verona (ATV): I lavoratori contro la privatizzazione

26.2.17

Immagine incorporata 5

RASSEGNE STAMPA, DOCUMENTI E MATERIALI CORRELATI

logo LLL

L’azienda dei trasporti di Verona (ATV) è in queste settimane sotto l’occhio del ciclone dopo che la Provincia ha deciso di mettere in vendita le sue quote (che divide con il Comune), pari al 50%. Con una proposta di 21 milioni di euro su una base di partenza di 12, Ferrovie Nord (partecipata della regione Lombardia) ha sbaragliato ogni possibile concorrente. Nonostante i bilanci del 2014 e del 2015 si siano chiusi in positivo (+1.7 e +1.5 milioni) la Provincia ha deciso di vendere e il Comune ha scelto di non usufruire del diritto di prelazione. In tutto questo non una parola è stata chiesta ai lavoratori e alle lavoratrici, tantomeno ai cittadini/e.

Che una scelta di tale rilevanza per il territorio non sia condivisa è un fatto estremamente grave; l’esempio padovano di Busitalia ci parla di un drastico peggioramento delle condizioni lavorative, nonché del servizio offerto. E iniziano infatti ad emergere le prime contraddizioni, di fronte alla proposta di Ferrovie Nord, che non solo è doppia rispetto alla base d’asta, ma è anche superiore al valore di tutta l’azienda, pari a 20 milioni. I conti non tornano e se la situazione non è delle migliori in Lombardia, figuriamoci cosa accadrà nella città scaligera!

 

Le domande se le stanno ponendo anche i lavoratori, che ora si stanno mobilitando. Dopo un volantinaggio davanti alla Stazione, nella sera del 24/02 hanno appeso vari striscioni in alcuni luoghi simbolo della vicenda: davanti alla sede di ATV; presso la segreteria del partito del sindaco Tosi (Fare!) e nella sede centrale del municipio. Non è possibile gestire questa situazione senza rendere partecipi i lavoratori e tutti coloro che usufruiscono del trasporto pubblico. Gli autobus sono i mezzi di trasporto quotidiani di centinaia di studenti, lavoratori e anziani, e a loro bisogna far riferimento qualora si intenda intervenire sul servizio. Quando un servizio è pubblico i profitti ritornano sul territorio, quando non lo sarà più, dove finiranno? E che qualità del lavoro e del trasporto sarà offerta al fine di guadagnare sempre di più?
Dobbiamo pretendere chiarezza e trasparenza in questa vicenda, ma anche e soprattutto un trasporto pubblico che ritorni a pensare al popolo, alla gente che lo usa tutti i giorni.

FIRMA LA PETIZIONE -Morte dei Corpi di Ballo delle Fondazioni Liriche. Uccisa la passione di 1.400.000 giovani

25.2.16

La chiusura dei corpi di ballo è mirata ad impedire il rilancio delle Fondazioni lirico sinfoniche, al fine di consegnarle nelle mani dei privati, come si sta tentando di fare con la Fondazione Arena.
La cultura e l’arte non sono prodotti come altri: esse veicolano  bellezza, conoscenza ed emozioni, non assimilabili alla logica del massimo profitto.
Cultura ed arte contribuiscono in maniera determinante alla creazione della memoria storica e dello spirito critico, senza le quali saremmo del tutto assogettabili a qualsiasi luogo comune (cosa che peraltro sta già accadendo). Restiamo umani….e firmiamo in massa!

Comitato Opera Nostra – Fondazione Arena Bene Comune

Raccolta firme contro la chiusura dei Corpi di Ballo ed a sostegno delle Fondazioni Liriche.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

VAI ALLA PRESENTAZIONE DELLA PETIZIONE

FIRMA LA PETIZIONE


Signor Presidente,

raccogliendo l’invito di farmi portavoce di un vastissimo movimento di opinione che si sta formando spontaneamente in Italia in questi giorni di fronte all’ennesima chiusura di un Corpo di Ballo di una Fondazione Lirico Sinfonica, Le chiedo aiuto per la difesa e salvaguardia della Danza italiana.

Suona davvero strano che tantissimi semplici cittadini lottino per salvare un’arte dall’apparente volontà statale di eliminarla, perché a difenderla e a salvaguardarla dovrebbe pensarci proprio lo Stato. Credo che il nostro sia l’unico caso esistente in Europa e forse nel mondo, se si esclude la distruzione di Palmira.
E se ci scandalizziamo per Palmira, forse dovremmo scandalizzarci anche per la distruzione della Danza in Italia.
A Palmira hanno distrutto teatri di pietra, da noi si distruggono gli artisti che fanno i teatri vivi. Continua a leggere

Manifestazione nazionale a Roma contro l’art. 24/legge 160

17.2.17

Jpeg

RASSEGNE STAMPA, DOCUMENTI E MATERIALI CORRELATI

Risultati immagini per RADIO POPOLARE VERONA

Articolo scritto da Serena il 17

Importante appuntamento organizzato dal Comitato Nazionale Lavoratori Fondazioni Lirico Sinfoniche (CNLS).  Il comitato, che si è formato nell’ottobre 2016 per contrastare  l’art 24 della legge 160 approvata il 7/8/2016 e gli effetti  di altri provvedimenti legislativi,  ha indetto una manifestazione nazionale a Roma in piazza Montecitorio  il 27 febbraio dalle 10 alle 14. Il piano di risanamento previsto dall’art 24/legge 160 è già stato applicato all’Arena di Verona con l’abolizione del corpo di ballo e il conseguente licenziamento di 19 tersicorei. A Bologna è stato sventato recentemente il licenziamento collettivo di 30 lavoratori e a Firenze sono stati licenziati 25 dipendenti. Questa legge precarizza e mina alla base il concetto di qualità artistica, ha pesanti ricadute sugli studenti del Conservatorio che rischiano di trovare minori possibilità di lavoro e di perdere interesse nell’ investire tanto studio per un futuro incerto; ha pesanti ricadute anche  su tutte le professioni, arti e discipline che costituiscono il Teatro musicale. In questi mesi il Comitato ha realizzato diverse iniziative, a volte in sinergia con le Organizzazioni Sindacali, mediante volantinaggio davanti ai Teatri e, se consentito, anche al loro interno, presidi e manifestazioni a Venezia Roma e Verona. Questa legge mina il patrimonio culturale di noi tutti.

l Comitato invita tutta la cittadinanza attiva a Roma per far sentire la propria voce a Piazza Montecitorio. Per informazioni telefonare al numero 3663153762.

Link all’articolo originale

 

Quel doppio ruolo di Girondini e la “misteriosa” Arena Extra

17.2.17

Risultati immagini per francesco girondini

RASSEGNE STAMPA, DOCUMENTI E MATERIALI CORRELATI

logo_vvox_small

Articolo di Cesare Galla

La recente audizione del commissario straordinario del governo per il risanamento delle Fondazioni liriche, avvenuta in commissione Beni Culturali al Senato, ha offerto della situazione dell’Arena di Verona un’istantanea sconfortante e inquietante. Sconforta constatare come la procedura di accesso ai benefici della Legge Bray (10 milioni di euro) viaggi con un’esasperante lentezza burocratica, con tempi al rallentatore. Queste lungaggini saranno anche funzionali alla necessità politica di attendere le elezioni per affidare al prossimo sindaco di Verona e non all’attuale la gestione del ritorno alla normalità, ma non sono comunque rassicuranti nella prospettiva del rilancio. Continua a leggere

Fondazione Arena: passo d’addio

16.2.17

ballerino-con-maglietta-di-protesta

RASSEGNE STAMPA, DOCUMENTI E MATERIALI CORRELATI

La Fondazione Arena di Verona si affaccia al 2017 dopo aver affrontato , nel corso dell’ anno appena concluso, un gravissimo e violento attacco da parte delle istituzioni locali e nazionali. Il tentativo è stato quello di forzare la dismissione della Fondazione, a favore dell’ istituzione di un progetto che avrebbe previsto il solo allestimento del Festival estivo, sostenuto unicamente da fondi privati.

Per comprendere meglio la questione occorre andare con ordine.

Si può individuare come punto di partenza le linee ministeriali dettate dall’ allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Sandro Bondi che coadiuvato dal Commissario Straordinario per le Fondazioni Lirico Sinfoniche ,Salvatore Nastasi , dichiarano che non è più sostenibile il mantenimento di 14 Fondazioni con i fondi del FUS( Fondo Unico per lo Spettacolo). Non solo , introducono il concetto di Teatro- Azienda, con i necessari vincoli di bilancio e la necessità di attenervisi. Da allora, nonostante i cambi di governo, la linea non è mai cambiata: il punto di arrivo deve essere la dismissione delle Fondazioni, eccezion fatta per il Teatro alla Scala e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Nello specifico la Fondazione veronese viene affidata allo scopo di contenere i costi, a Francesco Girondini, nella veste di Sovrintendente. Francesco Girondini, favorito dal Sindaco e Presidente della Fondazione Flavio Tosi, inizia il suo primo mandato nel 2008 e successivamente, sotto la supervisione di Salvatore Nastasi, istituisce Arena Extra, società partecipata della Fondazione Arena, di cui è Presidente unico.

Scopo di Arena Extra sarebbe dovuto essere l’organizzazione degli eventi extra lirici previsti nell’ anfiteatro Arena durante il periodo estivo contestualmente al Festival Lirico. Per anni la situazione sembra essere sotto controllo, o almeno così dichiara il Sovrintendente, tanto che nel 2013 rinuncia alla richiesta di adesione alla legge 112 ,detta Bray, dal nome dell’ allora Ministro del Mibact, sotto il governo Letta.

La legge Bray prevede un fondo rotativo a tassi agevolati alle Fondazioni che ne avessero fatto richiesta, a fronte di un piano di rientro del debito che preveda sì un contenimento dei costi, ma anche un incremento della produttività per un triennio. Nel caso in cui fossero necessari tagli al personale, questi avrebbero dovuto essere individuati in prima istanza nel personale tecnico amministrativo, mentre per le masse artistiche si parla genericamente di “razionalizzazione “.

Richiedono l’adesione alla legge Bray la maggior parte delle Fondazioni Lirico Sinfoniche, tutte in evidenti difficoltà economiche.

Nel Settembre del 2015, mentre il Teatro si trova in tournée in Oman, lo scenario cambia completamente. I lavoratori apprendono dagli organi di stampa che la Fondazione ha accumulato negli anni un debito che oscilla tra i 24 e i 30 milioni di euro e si è affidata alla società KPMG per la realizzazione di un piano di rientro del debito , piano che prevede, tra le altre cose, una drastica riduzione del personale a termine, fondamentale soprattutto nella stagione estiva, la riduzione della stagione invernale e la chiusura del Corpo di Ballo,quest’ultimo punto vecchio pallino del Sindaco Presidente Flavio Tosi.

Al rientro dalla tournée, con la ripresa della stagione invernale, inizia un violento braccio di ferro tra i lavoratori e l’amministrazione della città, che culmina a Novembre con la sospensione arbitraria del contratto integrativo aziendale da parte della Direzione del Teatro e l’occupazione, durata poi quattro mesi, da parte dei lavoratori. Alla fine di dicembre la questione della Fondazione Arena è diventata un caso di politica cittadina e, dopo alcuni consigli comunali straordinari, con conseguenti interrogazioni del Sovrintendente e del Sindaco sulla gestione della Fondazione, il Consiglio di Indirizzo decide di presentare al Ministero la richiesta di adesione alla legge Bray, con ormai due anni di ritardo rispetto alle altre Fondazioni.

Nel corso dei mesi particolarmente grave si presenta la questione del Corpo di Ballo, la cui chiusura pare essere il punto più caro al Presidente Tosi, che ha di fatto esautorato il Sovrintendente e si occupa ormai in prima persona della vicenda areniana. “Il Corpo di Ballo non ha più senso” : questo il leit motiv del Sindaco per cancellare più di trent’anni di storia della danza a Verona.

Gli attacchi mediatici ai lavoratori della Fondazione si fanno sempre più violenti da parte del Sindaco  (notevole quando furono accusati di sciacallaggio per aver esposto la bandiera Francese dopo l’ attentato terroristico che sconvolse Parigi). I punti salienti erano, al solito, i presunti privilegi di cui i lavoratori godrebbero, responsabili, a detta del Sindaco, della grave crisi economica in cui versa la Fondazione.

La situazione sembra cambiare nel Febbraio del 2016 quando arriva a Verona, con il ruolo di Direttore Operativo, Francesca Tartarotti. I lavoratori, su insistenza anche delle organizzazioni sindacali, sgomberano i locali della Fondazione che occupavano da Novembre, dimostrando di essere pronti a fare un passo indietro in favore della trattativa che si aprirà a breve per la riorganizzazione del Teatro in vista della Bray e la ridiscussione del Contratto Integrativo Aziendale.

Ad Aprile un’ipotesi di accordo viene raggiunta tra le organizzazioni sindacali e la Fondazione. Tale accordo viene sottoposto all’ approvazione della assemblea dei lavoratori, che però lo boccia, non avendo riscontrato in tale accordo segni di discontinuità con il recente passato e soprattutto la completa assenza di presa di responsabilità da parte della Direzione del Teatro per la grave situazione di crisi in cui versa la Fondazione veronese, crisi che invece grava unicamente sulle spalle dei lavoratori.

Alla notizia della bocciatura dell’ accordo il Sindaco, in qualità di Presidente della Fondazione Arena, scioglie il Consiglio di Indirizzo e richiede al Ministero la Liquidazione Coatta Amministrativa della Fondazione.

Il Ministro Franceschini,ora coinvolto direttamente e chiamato a riferire alla Camera, opta invece per il Commissariamento e individua in Carlo Fuortes, già Sovrintendente alla Fondazione del Teatro dell’ Opera di Roma, colui che dovrà occuparsi di assicurare l’allestimento dell’ imminente stagione estiva e di traghettare la Fondazione Arena nel regime della legge Bray.

A questo scopo stila un ulteriore piano di rilancio da presentare al Ministero e questa volta la scure è ancora più pesante e prevede addirittura la chiusura di tutto il Teatro per un periodo di due mesi all’ anno per tre anni, il taglio del personale a termine, la ridiscussione del Contratto Integrativo e “ naturalmente “ la chiusura del Corpo di Ballo, che nel frattempo ha rimpinguato le sue fila grazie alla vittoria, da parte dei lavoratori di una decina di vertenze che si sono risolte con la trasformazione dei contratti a tempo indeterminato. Da specificare che questo ultimo punto è stato inserito unilateralmente nel piano e senza alcun accordo sindacale.

In questo clima di calma apparente si tiene, senza troppi intoppi il Festival Lirico, che riscontra, alla fine dell’ estate, risultati che si possono definire positivi.

Ad Agosto, però, un’ altra tegola si abbatte sui lavoratori: la legge 160.

Promulgata dal Ministero agli inizi del mese e approvata in tempi brevissimi, la legge pare creata col preciso scopo di limare quei punti del piano Fuortes che parevano stridere con l’ approvazione per l’accesso al fondo della precedente legge Bray. Inoltre prevede, in caso di mancato pareggio del bilancio entro il 2018, il declassamento delle Fondazioni Lirico Sinfoniche allo status non meglio precisato di Teatri d’Opera, alla perdita dei fondi del FUS, all’ obbligo di ridurre la produzione e alla possibilità di trasformare arbitrariamente i contratti dei dipendenti da tempo indeterminato a part time di tipo verticale. Da notare come il tentativo di trasformazione del contratto dei dipendenti era stato già fatto a giugno da Fuortes a Verona, in sede di discussione del piano, tentativo poi rientrato e sostituito dall’ accesso ai fondi del FIS, usati dalla Fondazione in sostituzione degli ammortizzatori sociali per i mesi di sospensione dell’ attività, ammortizzatori sociali che non sono previsti per i lavoratori dello spettacolo.

Con l’autunno del 2016 e il Teatro in regime di sospensione dell’ attività, si avvia  l’ultimo atto dell’ esistenza del Corpo di Ballo, per il quale, ai primi di ottobre si apre la procedura di mobilità.

Viene nominato, direttamente dal Ministro, su indicazione di Carlo Fuortes, un nuovo Sovrintendente, Giuliano Polo, ma la direzione della Fondazione Arena nei confronti del Corpo di Ballo non cambia. A nulla valgono le numerose proposte fatte dai lavoratori e dalle OOSS. Il 31 dicembre 2016, dopo i 75 giorni previsti per la trattativa in sede aziendale e provinciale, questa si chiude con un mancato accordo: la Fondazione Arena di Verona procederà entro 120 giorni al licenziamento dei tersicorei, prima tra le Fondazioni Lirico Sinfoniche a cessare un intero settore artistico attraverso la 223, per dismissione di ramo d’azienda.

Fin qui la cronaca di quanto avvenuto nell’ ultimo anno,  quanto impegno sia stato profuso dallo Stato per colpire al cuore uno dei più grandi teatri lirici al mondo. Quello che avrebbe dovuto essere uno dei fiori all’occhiello della cultura del nostro paese esce moribondo e menomato dallo scontro con chi avrebbe avuto il dovere, anche istituzionale, di tutelarlo.

Considerazione a parte per il destino del Corpo di Ballo.

Da sempre vittime designate dei Teatri in difficoltà, siano queste vere o fittizie, l’atteggiamento tenuto nei confronti dei Corpi di Ballo e dei danzatori è indice di quanto in Italia la politica e la società sia ignorante di quest’ arte, che considera da sempre subalterna e accessoria alle altre masse artistiche, senza mai considerare davvero quanto invece la danza possa apportate ai teatri in termini di botteghino e fidelizzazione del pubblico. In Italia pare vigere un regime di persecuzione dei Tersicorei, specie di coloro che hanno osato avere un contratto a tempo indeterminato e percepire uno stipendio. Gli anni di studio dedicati a quest’ arte non vengono minimamente presi in considerazione, tantomeno l’alta specializzazione dei danzatori, che spesso vedono la loro carriera costretta a dirigersi fuori dal proprio paese. La mentalità stessa dei giovani danzatori si forma con l’aspirazione massima di poter lavorare fuori dall’ Italia solo per vedere riconosciuta la dignità del proprio mestiere. Non solo i grandissimi artisti della danza si sono affermati all’estero, prima di essere riconosciuti in patria, ma anche e soprattutto le centinaia di professionisti che svolgono il loro lavoro quotidianamente e ad altissimi livelli di professionalità e artisticita.

Uno Stato che ignora tutto questo è culturalmente criminale, non meno dei terroristi dell’ Isis che distruggono tutto ciò che in medio Oriente esuli dalle loro folli idee.

Se questa è l’idea che l’Italia ha della danza e dei danzatori, allora significa che questa Italia non merita i danzatori che ha.

Marco Fagioli* – Comitato Opera Nostra – Fondazione Arena Bene Comune

*Marco Fagioli è uno dei ballerini licenziati a causa della chiusura del Corpo di ballo di Fondazione Arena

 

 

 

 

 

Mihai, morto in cantiere e buttato in discarica: condannati due costruttori

14.2.17 – Articolo di Alessandro Fulloni, pubblicato l’11.2.17

La tomba di Mihai Istoc (foto La Nuova Provincia)

La tomba di Mihai

Risultati immagini per corriere della sera logo

Il manovale rumeno, lavoratore in nero, perse la vita nel 2009 cadendo da un ponteggio. I datori di lavoro fecero sparire il corpo, rimasto per quattro anni senza nome e poi identificato con la prova del Dna. Minacce al collega: «Non dire niente…»

«Stai zitto, non dire niente a nessuno… Bada alla tua famiglia, pensiamo noi a tutto». Meglio farlo scomparire, il cadavere di quel manovale rumeno precipitato dall’impalcatura di un cantiere dalle parti di Venaria Reale, nel Torinese: se lo avessero visto i carabinieri, le rogne sarebbero state inevitabili. Assunto al nero; e poi quella caduta dovuta alla mancanza di imbracature mentre, con un martello pneumatico, era alle prese con la «stonacatura» delle pareti di una villetta da ristrutturare. Ecco perché, durante una mattina del giugno 2009, il corpo senza vita di Mihai Istoc, 45 anni, la moglie e i due figli rimasti ad attenderlo in Romania, venne gettato — come fosse un sacco di spazzatura, e non uomo — dai due titolari dell’impresa edile sotto un divano lasciato in una discarica abusiva tra i boschi dell’Astigiano. Dove dieci giorni dopo venne trovato dai cani di due cacciatori di cinghiali che si erano avvicinati per controllare da dove venisse «quel fetore nauseabondo» nell’aria.
Per quattro anni quello di Mihai rimase un cadavere senza nome. Un fantasma sconosciuto all’anagrafe. Sulla lapide unicamente quelle due lettere: «N. N», non nominato. Una storia non differente da altre che si ripetono in tutta Italia: se si muore sul lavoro, e se non c’è contratto, può capitare che il cadavere sparisca per evitare noie giudiziarie.

Il test del Dna

Se questa volta c’è stato un finale differente, ma pur sempre amaro, è grazie alla testardaggine degli investigatori coordinati dalla procura di Asti. E al test del Dna che ha svelato e ridato dignità a nome e cognome altrimenti nell’oblio. Ma nella motivazione della sentenza — quella del 28 novembre e depositata nella cancelleria del tribunale pochi giorni fa — che in primo grado ha condannato per occultamento di cadavere i due costruttori, Antonino Marino e Vittorio Opessi, emerge anche il risvolto della brutta storia di una «morte bianca» condannata a restare seppellita se, appunto, i cani non avessero trovato quel corpo senza vita.
Nulla sembrava aiutare a riconoscere l’identità. Il cadavere scarnificato, mangiato dai cinghiali. Il volto riposto e schiacciato — si legge nel dispositivo pubblicato da La nuova provincia — per meglio nasconderlo, sotto quel divano portato dal cantiere. Senza documenti nelle tasche.

La svolta nel 2012

La svolta del caso arrivò nel 2012, quando l’Interpol segnalò alle autorità italiane la scomparsa del manovale. Una nota vagliata con attenzione dal procuratore di Asti Giorgio Vitari e dal pm Maria Vittoria Chiavazza che decisero di riaprire quel fascicolo a un passo dall’archiviazione. Le denunce di sparizione di tutto il Piemonte vennero ricontrollate una ad una dai carabinieri, individuando possibili collegamenti con la scomparsa del muratore uscito di casa a Torino per cercare un lavoro in cantiere. Sveglia puntata all’alba, nella speranza di essere reclutato al «mercato delle braccia» da un «caporale» per una paga non superiore ai trenta, quaranta euro al giorno. Senza orari, dieci, dodici ore filate. Senza regole, al nero. E senza la certezza di essere pagati. Abitudini vigenti in tutto lo Stivale, tanto al Nord quanto al Sud: il «soldo» pattuito viene pagato a fine lavoro per due terzi. Poi il datore scompare, si nega alle telefonate. «Chi insiste, viene allontanato a spinte dai cantieri, minacciato con la pistola, oppure picchiato. E se per caso hai un malore oppure un infortunio – racconta Marco Bazzoni, uno degli animatori di «Articolo 21», associazione che si occupa di diritti del lavoro – devi stare zitto. E pregare che tu non abbia bisogno di un ospedale, perché altrimenti diventi un problema pesantissimo per i padroncini per cui lavori».

L’ultimo a vederlo fu il fratello

Appunto, un problema per chi ti paga: quel che era divenuto il povero Mihai, ora «solo» un corpo senza vita. L’ultimo a vederlo fu il fratello, che ne denunciò la sparizione. Poi una prima svolta nelle indagini. Il volto del manovale somigliava a quello ricostruito al computer dalla polizia scientifica. Il test del Dna fornì la conferma. I carabinieri scandagliarono tutti i contatti di Istoc, fino a giungere ad un altro manovale romeno. Decisivo al processo, con la sua testimonianza. I due erano amici, e per il pranzo volevano vedersi per consumare un panino assieme. Sotto interrogatorio, fu lui a dire di aver trovato il connazionale: «L’ho raggiunto al cantiere vicino a quello presso cui lavoravo io. Era morto». Mihai era caduto da un’impalcatura, sbattendo violentemente la testa. Era su un ponteggio, senza cinture di sicurezza e imbracature.

«Pensa alla famiglia, stai zitto»

Stando alla testimonianza raccolta dagli inquirenti, i datori di lavoro di Istoc giunti poi in cantiere, avrebbero detto al rumeno di scomparire, intimidendolo. Appunto: «pensa alla famiglia, stai zitto, ci occupiamo noi di tutto». Fatti sparire in qualche modo i documenti e il cellulare del morto, avrebbero architettato la «messinscena», come la definisce Antonio Foti, l’avvocato del testimone. Il cadavere di Mihai venne caricato su un divano preso dal cantiere — probabilmente per meglio trasportare il corpo privo di vita — e gettato, dopo essere andati via in automobile, in quella discarica nell’Astigiano, a una sessantina di chilometri da Venaria Reale e nelle vicinanze dell’abitazione della madre di un dei due costruttori. Poi il passaggio di quei cacciatori, l’indagine che riprende. Un nome e un cognome che vengono riassegnati ad un corpo senza nome. «Ma c’è ancora un rischio – osserva amaro Carlo Soricelli, direttore dell’Osservatorio indipendente di Bologna morti sul lavoro -. E cioè che questo povero lavoratore rimanga uno dei tanti morti che spariscono dalle statistiche, solo perché non assicurate e prive di contratto».

(Marino e Opessi sono stati condannati a quattro anni di pena. I loro avvocati hanno annunciato che si appelleranno. Sulla lapide della tomba di Istoc, sopra la scritta «N.N» è stato inciso il suo nome e c’è anche una foto)

Link all’articolo originale

 

Arena, a breve le integrazioni per la Bray Via libera al bilancio previsionale del 2017. Il sovrintendente Polo: «Costi e ricavi in linea con il pr…

14.2.17

Risultati immagini per FESTIVAL ARENIANO

RASSEGNE STAMPA, DOCUMENTI E MATERIALI CORRELATI

Logo-Corriere-del-Veneto-

VERONA – Fondazione Arena approva il bilancio di previsione 2017. Ieri, in un incontro a Roma, tra il commissario Carlo Fuortes e il sovrintendente Giuliano Polo sono state «limate» le ultime voci tra entrate e uscite del bilancio preventivo che, per definizione, deve essere in pareggio. Trovata la quadra, al bilancio previsionale è stato posto il semaforo verde e così il documento economico del teatro ha ottenuto il via libera. «Conti e ricavi – ci ha tenuto a sottolineare il sovrintendente della Fondazione – sono in linea con il piano di risanamento del teatro».

Proprio quel piano di risanamento che è stato elaborato dal commissario Fuortes e che permetterà alla Fondazione lirica, una volta approvato in via definitiva dai tecnici del ministero della Cultura, di accedere ai benefici della legge Bray e, in particolare, a quei 10 milioni già stanziati, che saranno vitali per il teatro. Come anticipato, mercoledì scorso durante l’audizione in Senato, da Gianluca Sole, commissario straordinario del governo per le Fondazioni liriche, a Roma stanno attendendo la versione del piano che tenga conto delle ultime integrazioni richieste (che dovrebbero essere fornite a breve). In particolare, dopo la revisione avvenuta a inizio gennaio, i tecnici ministeriali hanno chiesto approfondimento rispetto a quattro punti presenti nel piano. Si va dalla disciplina di utilizzo dell’anfiteatro (cioè la gestione tra giornate di spettacoli di lirica ed extra lirica), a chiarimenti su Arena Extra: della società controllata al 100% da Fondazione è stato chiesto di presentare il bilancio consuntivo 2016 e preventivo 2017. Ma il ministero ha chiesto maggior informazioni anche sul Museo Amo, con la richiesta di recedere dal pagamento dell’affitto dell’immobile (cioè Palazzo Forti), senza però rinunciare a valorizzare il patrimonio artistico posseduto dal teatro, e sul corpo di ballo che nel frattempo è stato licenziato. Da Fondazione fanno sapere che si sta lavorando per produrre, nel più breve tempo possibile, il dossier con le integrazioni richieste, in modo da velocizzare al massimo lo scambio delle informazioni e da abbreviare l’iter che porta all’accesso alla Bray. Proprio sulla richiesta di integrazioni, Vincenzo D’Arienzo, parlamentare veronese del Pd, ha voluto portare un po’ di tranquillità: «Sul tema non va creato allarmismo. È normale che il ministero chieda chiarimenti al piano che le Fondazioni liriche presentano: lo hanno fatto anche con gli altri teatri. Quindi, un confronto tra le parti rientra nella più assoluta normalità. Spero che lo si faccia in fretta, ma per l’esperienza che ho riscontrato in altre Fondazioni, posso dire che la procedura non è veloce. Posso assicurare, però, che c’è grande attenzione al progetto dell’Arena e una vicinanza condivisa affinché l’intero iter si concluda positivamente». Sul tema del licenziamento dei ballerini, intanto, la sigla sindacale Fials è tornata a farsi sentire, attaccando la scelta di escludere il corpo di ballo da Fondazione Arena. «Un’amministrazione cieca e sorda – scrive Fials in una nota – ha voluto sacrificare ancora una volta gli artisti, simbolo dell’identità musicale italiana, sull’altare del mero profitto economico. Il balletto in un teatro è indispensabile anche per l’opera lirica ed è impensabile farne a meno per l’immagine che esso porta al teatro stesso». (Samuele Nottegar)

Link alla fonte

 

La lettera di Michele, suicida a 30 anni perchè senza futuro. “Questa società divora i nostri figli” accusano i genitori

8.2.17

morti

Michele si è tolto la vita. Stanco di essere senza futuro e prospettive. Prima di andarsene, questo trentenne friulano, ha scritto una lettera, pubblicata per volontà dei genitori

perché questa denuncia non cada nel vuoto. Ecco il testo.

Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.

Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.

Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.

Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.

A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.

Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.

Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.

Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.

Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.
Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.

Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.

Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.

Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.

Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.

P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.

Ho resistito finché ho potuto.

Michele

 

FONDAZIONE ARENA – Comunicato stampa segreteria nazionale Fials sul licenziamento del corpo di ballo

6.2.17

Riportiamo questo comunicato emanato dalla Segreteria Nazionale del Sindacato autonomo FIALS/CISAL dei Teatri d’Opera italiani insieme alla Segreteria Provinciale di Verona che denunciano il licenziamento dell’intero Corpo di Ballo dell’Arena di Verona.

comunicato-fials-nazionale-ric-06-02-20171

 https://lavoratorielavoratriciinlottaaverona.files.wordpress.com/2015/09/icona_pdf.png?w=584 PDF